‘Pittura’. Dire “pittura” e non “arte”, significa prendere le distanze dal concetto -altrettanto generico quanto indefinibile- di “Arte” elaborato dal pensiero e dall’estetica romantica. A quest’ Arte, capiente contenitore astratto, opponiamo le arti, ciascuna concreta e determinata, con le sue tecniche e la sua storia. Di queste la pittura, le cui origini risalgono alla prima fase del paleolitico, 30.000 anni prima della nostra era e le cui testimonianze possiamo ancora contemplare a Lascaux, a Pech-Merle e in moltissimi altri luoghi sparsi su tutta la terra, è certamente la più antica. Non sappiamo quale fosse lo scopo della pittura ai suoi albori e nemmeno se ne avesse. La sola cosa che possiamo affermare con assoluta certezza a questo proposito è lo stato di vertigine e di inspiegabile emozione che ci coglie quando la osserviamo, anche solo in riproduzione. Lo storico Arnold J.Toynbee parlerà di una superiorità del suo ‘autore’, l’Homo Poeticus del Paleolitico, sul prevalente fabbricatore di armi e utensili, l’Homo Faber del Neolotico. Testimone della sua origine e del momento forse più alto – pacifico – dell’ evoluzione della civiltà umana, la pittura è parte integrante del suo codice genetico. Questo è vero, come abbiamo visto, tanto sul piano filogenetico che su quello ontogenetico, perché ogni bambino desidera, già dalla prima infanzia, disegnare. Per questo la civiltà umana non potrà sbarazzarsi della pittura senza sbarazzarsi, nello stesso tempo, di se stessa. Convivono e sono convissuti, nella pittura, l’immaginario e il reale, l’onirico e la veglia, l’ombra e la materia, il sacro e il profano, il divino e il demoniaco, il culto e il quotidiano, il mito e il silenzio, il nascosto e il manifesto, lo spazio e il tempo, l’alto e il basso, l’ordine e il caos, la linea e il circolo. ( da un articolo di Monica Fernando publicato su Laboratorio archeologia filosofica)
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